Poter intervistare le pedagogiste Rossini – Urso è stato un piacere, un onore e spero che queste parole vengano ascoltate da più genitori possibili. Perché il nostro ruolo è difficile ed importantissimo e avere delle guide è davvero prezioso. Se non avete tempo di leggere, ascoltate il podcast qui sopra. L’intervista è stata spezzettata in ‘puntate’. Per ascoltarla, clicca PLAY alla fine dell’articolo 😉
Mestiere Mamma intervista le pedagogiste Rossini – Urso
Quali sono gli atteggiamenti e le parole che un genitore non dovrebbe mai usare? Quando è lecito sbagliare e quando no? Da genitori c’è un limite che non andrebbe mai superato, qual è?
Ovviamente nell’educazione ci sono dei paletti assolutamente invalicabili, però siamo umani e si può anche sbagliare. Personalmente partirei dal presupposto opposto nel senso che, sapendo che nella vita si sbaglia, il concetto fondamentale nell’educazione è quello di riparazione.
Questo significa rendersi conto che alcuni atteggiamenti e comportamenti errati che noi stessi come genitori possiamo avere possono essere riparati. Come si fa? Ammettendolo, dicendo che forse abbiamo avuto una reazione eccessiva ma rimanendo fermi sul contenuto della reazione.
Ad esempio, se c’è qualcosa che il bambino non deve fare perché è pericoloso oppure non rispetta una regola, l’argomentazione in sé rimane. Si può spiegare però al bambino che a volte anche la mamma e il papà hanno reazioni eccessive che non vanno bene e che quindi si impegneranno la volta successiva a reagire diversamente. Il bambino però deve sapere che il comportamento che ha avuto non va attuato, quindi se c’è da rispettare una regola la si rispetta e se ci sono comportamenti pericolosi ovviamente non si possono attuare.
Detto questo, in genere le cose che sarebbe meglio non fare nei confronti dei bambini è pronunciare al bambino delle parole che gli trasmettono la sensazione di ricevere un giudizio totalizzante.
Le classiche parole “Sei un bambino cattivo!” oppure “Sei un monello!” sarebbe meglio evitarle perché il bambino non riesce a relativizzare. Questo significa che non riesce a capire che glielo diciamo perché si è comportato male, che non è un bambino completamente cattivo e che è solo quella determinata cosa che non va fatta.
Anche i paragoni di solito sono abbastanza mortificanti per un bambino perché se ci pensiamo un bambino ha un’entità e una personalità in costruzione, si sta formando e non sa assolutamente chi è. La sua autostima è decentrata, al di fuori di sé, sarà interiorizzata crescendo. Quindi il suo riferimento è prima di tutto nei genitori, poi diventerà l’educatrice della materna, la maestra di scuola, l’allenatore se farà sport e quant’altro.
Però cosa succede quando facciamo dei paragoni? In realtà lo destabilizziamo perché lui non sa ancora chi è, però in quel momento sa di certo che non è come quell’altra persona, che può essere il fratello, il cugino, l’amico.
Quindi in genere questi sono gli atteggiamenti da evitare perché la prima costruzione che ovviamente ci interessa è quella dell’identità del bambino, fornirgli dei piccoli mattoncini per costruire la sua base sulla quale fondare tutto il resto.
Certo, come dicevamo, anche le nostre reazioni eccessive sarebbero da evitare, però non è detto che questo possa sempre accadere, perché magari siamo stanchi. Non tutte le giornate sono uguali, magari sul lavoro è stata una giornata particolarmente snervante, quindi il concetto di riparazione diventa davvero molto importante, per cui è sempre molto importante ammettere gli errori.
Un’altra cosa importante è essere chiari. Un’altra cosa che destabilizza i bambini è la confusione che scaturisce da un comportamento poco chiaro. Per cui se ci sono delle regole in casa facciamo in modo che siano chiare per il bambino.
Magari non è detto che il bambino faccia quella determinata cosa per darci fastidio ma perché non ha capito bene che c’è una regola e che deve comportarsi in un determinato modo.
Quindi sicuramente l’atteggiamento che cambia a seconda dell’umore è disorientante per un bambino e quindi scatta il circolo vizioso dei capricci e dell’incomprensione. Più si è chiari e lineari con i bambini più funziona la comunicazione e i bambini diventano particolarmente collaborativi perché in realtà la loro volontà è quella di compiacere l’adulto, da cui dipende innanzitutto la loro sopravvivenza e poi anche il proprio benessere. Se partiamo da questo presupposto agevoliamo un po’ la vita di tutti, sia la nostra che la loro.
Si certo, ovviamente ci si prova. Poche regole ma chiare.
Consideriamo che tanto più i bambini sono piccoli tanto minori saranno le regole, perché si fondano soprattutto sulla scansione della giornata. Man mano che crescono ovviamente aumentano perché il bambino avrà maggiore autonomia.
Magari ad un certo punto avrà anche dei fratelli, per cui ci sono delle fondamentali regole di convivenza. Ricordiamoci soprattutto che le regole sono positive, non sono divieti. Quindi quando proponiamo delle regole ai bambini, magari decidendo di fare un cartellone delle regole da rispettare insieme per farli sentire più coinvolti possibile e più predisposti ad ubbidire, usiamo un linguaggio positivo.
La regola quindi sarà qualcosa che si può fare o in alcuni casi si deve fare per rispettare le varie tappe della giornata. Abituiamo i bambini ad utilizzare a loro volta un linguaggio positivo.
Ad un certo punto inevitabilmente arriverà il no, però possono imparare a rivolgersi agli altri in generale in tono positivo.
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